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Bimbi con i genitori in fase di separazione: la psicomotricità può essere utile?

Il piccolo Igor, lo chiamerò così, ieri è entrato nella sala della psicomotricità piuttosto agitato.

Si vede dai primi istanti che qualcosa “si muove” dentro di lui e non gli permette di aspettare quel tanto che basta per iniziare i giochi. Al mio via rompe il muro che avevo costruito per lui e per gli altri bambini del gruppo e comincia ad arrampicarsi sulla spalliera e a saltare ripetutamente. Dice che si è trasformato in un gatto… un gatto solitario che continua a girare per la stanza, prende un cestino pieno di palline e le butta per terra. Le palline si spargono velocemente sul pavimento mentre il “gattino” le raccoglie ad una ad una e le rimette nel cestino.

Così il gatto irrequieto decide di costruire una torre molto alta con i parallelepipedi a disposizione e chiede il mio aiuto per prendere il cestino delle palline e porlo sopra la torre, cosa che faccio con grande cura e attenzione.

A questo punto mi passa un telo azzurro e mi chiede di coprire il cestino delle palline, mi passa anche un parallelepipedo e mi chiede di metterlo sopra al telo; appena fatto questo, Igor esclama <AH!.. GRAZIE!> e comprendo che ciò che abbiamo fatto è stato molto importante per lui…

Questa sua esclamazione ha manifestato un cambiamento tonico-emozionale che gli ha permesso di entrare in relazione con l’adulto e successivamente con i pari.

In questo racconto si possono notare almeno due trasformazioni del bambino attraverso il gioco.

La prima è avvenuta dopo un gioco sensomotorio (arrampicarsi e saltare) di rassicurazione profonda che permette il passaggio al simbolico: il bimbo si trasforma in gatto… prende le palline: come se fossero tante piccole parti di lui, che unisce nel cestino, e se ne prende cura mettendole al sicuro, lontano dagli altri in un posto dove nessuno a parte l’adulto di cui ha fiducia, può arrivare.

Così avvengono la seconda trasformazione e la nuova rassicurazione profonda: il bambino si apre al piacere di vivere il gioco e le relazioni con gli altri.

Se mi prendo cura di me, di tutte le parti di me, e formo la mia unità, posso esserci con gli altri, posso aprirmi al resto del mondo, alle relazioni ed anche agli apprendimenti.

Quanto è importante, quindi, non dare mai per scontato l’esserci “qui e ora” e lavorare sull’unità della persona…

Quando si vive un evento traumatico come per esempio la separazione dei propri genitori, il nostro “qui e ora” cambia, la base sicura costituita dalla nostra famiglia di origine comincia a vacillare e con loro le nostre certezze. La sensazione è che il mondo per come conosciuto fino a quel momento traumatico, improvvisamente e lentamente cominci a sgretolarsi.

La disciplina psicomotoria, in questi momenti difficili della vita, può offrire una grande opportunità di resilienza.

È creando uno spazio a disposizione del bambino, con tempi e materiali adeguati, che il piccolo può raccontarsi e rassicurarsi, anche senza l’utilizzo della parola. Ad accoglierlo c’è un adulto specificamente formato, accogliente e non giudicante che lavora con le risorse del bambino. La sua preparazione gli consente di osservare il bambino e sostenerlo, aprendo strade perché attraverso la rassicurazione possano manifestarsi trasformazioni tonico – emozionali che gli consentano di lavorare per ricostruire la sua “unità”.

Un adulto accogliente, e una sala, diventano un momentaneo (ma non troppo) sostituto delle basi sicure che in questo momento così difficile per lui sembrano vacillare.

E così potrà ricomporre tutte le parti di sé che sembrano scappare come palline, e metterle in alto, dove solo lui e le persone di cui si fida potranno andare… con quel cestino di cuore ricomposto potrà così trovare la forza e la serenità di tornare ad affrontare ciò che sta attraversando, ma anche le proprie relazioni e tutto ciò che la vita di ogni giorno gli presenterà da vivere…

Dott.ssa Julieta Crouzeilles, psicomotricista relazionale – Altri articoli del blog