violenza economica
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Violenza economica

Hai scelto di non andare a lavorare per poter accudire i bambini; oppure hai chiesto e faticosamente ottenuto un part time. 

Può essere, invece, che tu faccia un lavoro in cui non vieni adeguatamente retribuita. Mi permetto di parlare al femminile, perché viviamo in una società in cui generalmente ciò succede alle donne, ma senza escludere che ciò possa capitare anche ad alcuni uomini.

Purtroppo, però, molto più spesso di quanto si possa immaginare il fatto di contribuire economicamente al menage familiare in modo inferiore a quello dell’altro partner genera in quest’ultimo il sentirsi “in diritto” di porre in atto comportamenti tali da far sentire chi guadagna meno in una posizione di inferiorità.

Ciò si può esplicitare in molti modi: dal controllo della spesa, alla sottrazione del bancomat, a differenti disponibilità di spesa soprattutto per quanto concerne i beni voluttuari, fino ad arrivare a vere e proprie intimidazioni, a fronte delle quali il partner non se ne va e non richiede la separazione perché minacciato di essere buttato in mezzo ad una strada senza la possibilità di mantenere né se stesso né i propri figli. 

Spesso le limitazioni riguardano la libertà personale, perché al partner viene sottratta la disponibilità economica necessaria per potersi muovere autonomamente, piuttosto che per prendersi cura di se stesso e/o della propria salute.

Non ci si riferisce a situazioni di difficoltà economiche familiari per le quali i partner decidono di comune accordo di limitare le spese superflue e non indispensabili, ma all’utilizzo del “potere economico” del denaro per far sentire una delle due parte in uno stato di subordinazione, piuttosto che di “controllo”.

Il più delle volte il partner economicamente “debole” non si rende nemmeno conto di subire una violenza: lo percepisce, ma non riesce ad inquadrarla come tale, nemmeno davanti a comportamenti palesi. 

Le forme di violenza economica partono da piccoli episodi di controllo e possono sfociare in comportamenti più gravi, quali, ad esempio, far assumere debiti al partner per beni intestati a se stessi, sottrarre tutta la disponibilità economica della coppia in previsione della separazione ecc.. 

Spesso è stato proprio il partner economicamente “forte” a mettere l’altro nella posizione di inferiorità economica, inducendolo a non lavorare o ad accettare condizioni lavorative scarsamente redditizie.

Iniziamo specificando che il nostro ordinamento non prevede esplicitamente il reato di “violenza economica”, ma sempre più, ultimamente, tale espressione si rileva in alcune sentenze della Cassazione (ad es: sentenza n. 19847 del 22 aprile 2022).

La “violenza economica” viene riconosciuta anche in ambito europeo nella Convenzione di Istambul entrata in vigore nel 2014; in Italia tale fattispecie può integrare diversi reati, ma generalmente viene fatta rientrare nella categoria dei “maltrattamenti in famiglia” ex art. 572 del codice penale.

Ai casi di violenza economica si possono applicare gli ordini di protezione contro gli abusi familiari previsti dagli art. 342 bis e 342 ter cc; è possibile inoltre chiedere l’ammonimento ai sensi dell’art.  3 del Decreto 93/2013 convertito dalla Legge 119/2013 recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere.

Spesso il partner economicamente più debole rimane tra le mura domestiche e non ha la forza di porre fine alla propria relazione perché minacciato di essere privato dei mezzi di sostentamento. 

Per questo l’art. 570 del codice penale prevede che:

“Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale della famiglia, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

  1.  Malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge
  2.  Fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”.

In questa fattispecie ricade anche la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito per i figli o l’ex coniuge. 

Spesso mi capita di vedere situazioni in cui le mogli non richiedono assegni di mantenimento per se stesse, ma unicamente per i propri figli, anche se potenzialmente lo potrebbero ottenere, e purtroppo spesso mi capita di vedere alcuni genitori che pongono in atto comportamenti al fine di corrispondere cifre inferiori a quelle che di fatto si potrebbero permettere.

Al di fuori di situazioni di violenza economica, magari protratta nel tempo, intraprendere la strada della mediazione familiare permette di trovare soluzioni “ritagliate” sulle spese e sulle disponibilità economiche di entrambi i partner, in modo tale da permettere condizioni di vita dignitose sia per gli ex coniugi che, soprattutto, per i bambini coinvolti.

Indubbiamente il porre in essere comportamenti di sopraffazione è di forte impedimento al trovare soluzioni condivise. 

È essenziale che venga fatta formazione e informazione, soprattutto alle donne, perché tali comportamenti possano essere prevenuti o quantomeno riconosciuti.

Purtroppo le sopraffazioni in ambito familiare sono molto più di quanto si pensi: spesso i figli sono utilizzati proprio come pretesti su cui far leva per mantenere uno status quo nella migliore delle ipotesi infelice. 

Per un genitore comprendere quale sia il “bene” dei propri figli è sempre molto difficile, ma vivere in un ambiente di sopraffazione può diventare estremamente pericoloso per la loro crescita sia psicologica che emotiva, oltre ad essere alla lunga estremamente diseducativo. 

Insegniamo loro ad essere indipendenti, sia economicamente che mentalmente, perché possano davvero amare ed essere amati con quel tipo di amore libero e rispettoso che vale davvero la pena vivere…

Avv. Beatrice Perini – Altri articoli del Blog